domenica 18 novembre 2007

LE REGOLE DI COSA NOSTRA

Ordinanza-Sentenza nel procedimento penale contro Abbate Giovanni +706 (Antonino Caponnetto consigliere istruttore, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello, Giovanni Falcone, Leonardo Guarnotta giudici istruttori delegati), Palermo, 8 novembre 1985, vol. n.5, pp. 808-829.

Nella sentenza si descrive l'organizzazione di Cosa Nostra, secondo le testimonianze di Buscetta. Tra le molte leggi non scritte che regolano il comportamento mafioso, vi è anche l'obbligo di dire sempre la verità allorché si parla fra “uomini d'onore” di questioni comuni.

La vita di Cosa Nostra (la parola mafia è un termine letterario che non viene mai usato dagli aderenti a questa organizzazione criminale) è disciplinata da regole rigide non scritte ma tramandate oralmente, che ne regolamentano l'organizzazione e il funzionamento ("nessuno troverà mai elenchi di appartenenza a Cosa Nostra, né attestati di alcun tipo, né ricevute di pagamento di quote sociali"), e così riassumibili, sulla base di quanto emerge dal lungo interrogatorio del Buscetta.
- La cellula primaria è costituita dalla "famiglia", una struttura a base territoriale, che controlla una zona della città o un intero centro abitato da cui prende il nome (famiglia di Porta Nuova, famiglia di Villabate e così via).

- La famiglia è composta da "uomini d'onore" o "soldati" coordinati, per ogni gruppo di dieci, da un "capodecina" ed è governata da un capo di nomina elettiva, chiamato anche "rappresentante", il quale è assistito da un "vice capo" e da uno o più "consiglieri".
Qualora eventi contingenti impediscano o rendano poco opportuna la normale elezione del capo da parte dei membri della famiglia, la "commissione" provvede alla nomina di "reggenti" che gestiranno pro tempore la famiglia fino allo svolgimento delle normali elezioni. Ad esempio, ha ricordato Buscetta, la turbolenta "famiglia" di Corso dei Mille è stata diretta a lungo dal reggente Francesco Di Noto fino alla sua uccisione (avvenuta il 9.6.1981); alla sua morte è divenuto rappresentante della famiglia Filippo Marchese.
Analogamente, a seguito dell'uccisione di Stefano Bontate, rappresentante della famiglia di S. Maria di Gesù, la commissione nominava reggenti Pietro Lo Iacono e Giovanbattista Pullarà, mentre a seguito dell'uccisione di Salvatore Inzerillo, capo della famiglia di Passo di Rigano, veniva nominato reggente Salvatore Buscemi; così, dopo la scomparsa di Giuseppe Inzerillo, padre di Salvatore e capo della famiglia di Uditore, veniva nominato reggente Bonura Francesco ed analogamente, dopo l'espulsione da Cosa Nostra di Gaetano Badalamenti, capo della famiglia di Cinisi, veniva nominato reggente Antonino Badalamenti, cugino del vecchio capo.
- L'attività delle famiglie è coordinata da un organismo collegiale, denominato "commissione" o "cupola", di cui fanno parte i "capi-mandamento" e, cioè, i rappresentanti di tre o più famiglie territorialmente contigue. Generalmente, il "capo mandamento" è anche il capo di una delle famiglie, ma, per garantire obiettività nella rappresentanza degli interessi del "mandamento" ed evitare un pericoloso accentramento di poteri nella stessa persona, talora è accaduto che la carica di "capo mandamento" fosse distinta da quella di "rappresentante" di una famiglia.
- La commissione è presieduta da uno dei capi-mandamento: in origine, forse per accentuarne la sua qualità di primus inter pares, lo stesso veniva chiamato "segretario" mentre, adesso, è denominato "capo". La commissione ha una sfera d'azione, grosso modo, provinciale ed ha il compito di assicurare il rispetto delle regole di Cosa Nostra all'interno di ciascuna famiglia e, soprattutto, di comporre le vertenze fra le famiglie.
- Da tempo (le cognizioni del Buscetta datano dagli inizi degli anni '50) le strutture mafiose sono insediate in ogni provincia della Sicilia, ad eccezione (almeno fino ad un certo periodo) di quelle di Messina e di Siracusa.
- La mafia palermitana ha esercitato, pur in mancanza di un organismo di coordinamento, una sorta di supremazia su quella delle altre province, nel senso che queste ultime si adeguavano alle linee di tendenza della prima.
- In tempi più recenti, ed anche in conseguenza del disegno egemonico prefissosi dai Corleonesi, è sorto un organismo segretissimo, denominato "interprovinciale", che ha il compito di regolare gli affari riguardanti gli interessi di più province.
- Non meno minuziose sono le regole che disciplinano l' "arruolamento" degli "uomini d'onore" ed i loro doveri di comportamento.
I requisiti richiesti per l'arruolamento sono: salde doti di coraggio e di spietatezza (si ricordi che Leonardo Vitale divenne "uomo d'onore" dopo avere ucciso un uomo); una situazione familiare trasparente (secondo quel concetto di "onore" tipicamente siciliano, su cui tanto si è scritto e detto) e, soprattutto, assoluta mancanza di vincoli di parentela con "sbirri".
La prova di coraggio ovviamente non è richiesta per quei personaggi che rappresentano, secondo un'efficace espressione di Salvatore Contorno, la "faccia pulita" della mafia e cioè professionisti, pubblici amministratori, imprenditori che non vengono impiegati generalmente in azioni criminali ma prestano utilissima opera di fiancheggiamento e di copertura in attività apparentemente lecite.
Il soggetto in possesso di questi requisiti viene cautamente avvicinato per sondare la sua disponibilità a far parte di un'associazione avente lo scopo di "proteggere i deboli ed eliminare le soverchierie". Ottenutone l'assenso, il neofita viene condotto in un luogo defilato dove, alla presenza di almeno tre uomini della famiglia di cui andrà a far parte, si svolge la cerimonia del giuramento di fedeltà a Cosa Nostra. Egli prende fra le mani un'immagine sacra, la imbratta con il sangue sgorgato da un dito che gli viene punto, quindi le dà fuoco e la palleggia fra le mani fino al totale spegnimento della stessa, ripetendo la formula del giuramento che si conclude con la frase: "Le mie carni debbono bruciare come questa santina se non manterrò fede al giuramento".
Lo status di "uomo d'onore", una volta acquisito, cessa soltanto con la morte; il mafioso, quali che possano essere le vicende della sua vita, e dovunque risieda in Italia o all'estero, rimane sempre tale.
Proprio a causa di queste rigide regole Antonino Rotolo era inviso a Stefano Bontate (oltre che per la sua stretta amicizia con Giuseppe Calò), essendo cognato di un vigile urbano; e lo stesso Buscetta veniva espulso dalla mafia per avere avuto una vita familiare troppo disordinata e, soprattutto, per avere divorziato dalla moglie.
Pare, comunque, che adesso, a detta del Buscetta, a causa della degenerazione di Cosa Nostra, i criteri di arruolamento siano più larghi e che non si vada più tanto per il sottile nella scelta dei nuovi adepti.
L' "uomo d'onore", dopo avere prestato giuramento, comincia a conoscere i segreti di Cosa Nostra e ad entrare in contatto con gli altri associati.
Soltanto i Corleonesi e la famiglia di Resuttana non hanno mai fatto conoscere ufficialmente i nomi dei propri membri ai capi delle altre famiglie, mentre era prassi che, prima che un nuovo adepto prestasse giuramento, se ne informassero i capi famiglia, anche per accertare eventuali motivi ostativi al suo ingresso in Cosa Nostra.
In ogni caso, le conoscenze del singolo "uomo d'onore" sui fatti di Cosa Nostra dipendono essenzialmente dal grado che lo stesso riveste nell'organizzazione, nel senso che più elevata è la carica rivestita maggiori sono le probabilità di venire a conoscenza di fatti di rilievo e di entrare in contatto con "uomini d'onore" di altre famiglie.
Ogni "uomo d'onore" è tenuto a rispettare la "consegna del silenzio": non può svelare ad estranei la sua appartenenza alla mafia, né, tanto meno, i segreti di Cosa Nostra; è, forse, questa la regola più ferrea di Cosa Nostra, quella che ha permesso all'organizzazione di restare impermeabile alle indagini giudiziarie e la cui violazione è punita quasi sempre con la morte.
All'interno dell'organizzazione, poi, la loquacità non è apprezzata: la circolazione delle notizie è ridotta al minimo indispensabile e l' "uomo d'onore" deve astenersi dal fare troppe domande, perché ciò è segno di disdicevole curiosità ed induce in sospetto l'interlocutore.
Quando gli "uomini d'onore" parlano tra loro, però, di fatti attinenti a Cosa Nostra hanno l'obbligo assoluto di dire la verità e, per tale motivo, è buona regola, quando si tratta con "uomini d'onore" di diverse famiglie, farsi assistere da un terzo consociato che possa confermare il contenuto della conversazione. Chi non dice la verità viene chiamato "tragediaturi" e subisce severe sanzioni che vanno dalla espulsione (in tal caso si dice che l' "uomo d'onore è posato") alla morte.
Così, attraverso le regole del silenzio e dell'obbligo di dire la verità, vi è la certezza che la circolazione delle notizie sia limitata all'essenziale e, allo stesso tempo, che le notizie riferite siano vere.
Questi concetti sono di importanza fondamentale per valutare le dichiarazioni rese da "uomini d'onore" e, cioè, da membri di Cosa Nostra e per interpretarne atteggiamenti e discorsi. Se non si prende atto della esistenza di questo vero e proprio "codice" che regola la circolazione delle notizie all'interno di "Cosa Nostra" non si riuscirà mai a comprendere come mai bastino pochissime parole e perfino un gesto, perché uomini d'onore si intendano perfettamente tra di loro.
Così, ad esempio, se due uomini d'onore sono fermati dalla polizia a bordo di un'autovettura nella quale viene rinvenuta un'arma, basterà un impercettibile cenno d'intesa fra i due, perché uno di essi si accolli la paternità dell'arma e le conseguenti responsabilità, salvando l'altro.
E così, se si apprende da un altro uomo d'onore che in una determinata località Tizio è "combinato" (e, cioè, fa parte di Cosa Nostra), questo è più che sufficiente perché si abbia la certezza assoluta che, in qualsiasi evenienza ed in qualsiasi momento di emergenza, ci si potrà rivolgere a Tizio, il quale presterà tutta l'assistenza necessaria. [...]
Proprio in ossequio a queste regole di comportamento sia Buscetta sia Contorno, come si vedrà, hanno posto una cura esasperata nell'indicare come "uomini d'onore" soltanto i personaggi dei quali conoscevano con certezza l'appartenenza a Cosa Nostra, e cioè soltanto coloro che avevano avuto presentati come "uomini d'onore" e coloro che avevano avuto indicati come tali da altri uomini d'onore, anche se personalmente essi non li avevano mai incontrati.
Anche la "presentazione" di un uomo d'onore è puntualmente regolamentata dal codice di Cosa Nostra allo scopo di evitare che nei contatti fra i membri dell'organizzazione si possano inserire estranei.
E' escluso, infatti, che un "uomo d'onore" si possa presentare da solo, come tale, ad un altro membro di Cosa Nostra, poiché, in tal modo, nessuno dei due avrebbe la sicurezza di parlare effettivamente con un "uomo d'onore". Occorre, invece, l'intervento di un terzo membro dell'organizzazione che li conosca entrambi come "uomini d'onore" e che li presenti tra loro in termini che diano l'assoluta certezza ad entrambi dell'appartenenza a Cosa Nostra dell'interlocutore. E, così, come ha spiegato Contorno, è sufficiente che l'uno venga presentato all'altro, con la frase "Chistu è a stissa cosa", (questo è la stessa cosa), perché si abbia la certezza che l'altro sia appartenente a Cosa Nostra.
Altra regola fondamentale di Cosa Nostra è quella che sancisce il divieto per l'uomo di trasmigrare da una famiglia all'altra.
Questa regola, però, riferisce Buscetta, non è stata più rigidamente osservata dopo le vicende della "guerra di mafia" che hanno segnato l'inizio dell'imbastardimento di Cosa Nostra: infatti, Salvatore Montalto, che era il vice di Salvatore Inzerillo (ucciso nella guerra di mafia) nella "famiglia" di Passo di Rigano, è stato nominato, proprio come premio per il suo tradimento, rappresentante della "famiglia" di Villabate.
Il mafioso, come si è accennato, non cessa mai di esserlo quali che siano le vicende della sua vita.
L'arresto e la detenzione non solo non spezzano i vincoli con Cosa Nostra ma, anzi, attivano quell'indiscussa solidarietà che lega gli appartenenti alla mafia: infatti gli "uomini d'onore" in condizioni finanziarie disagiate ed i loro familiari vengono aiutati e sostenuti, durante la detenzione, dalla "famiglia" di appartenenza; e spesso non si tratta di aiuto finanziario di poco conto, se si considera che, come è notorio, "l'uomo d'onore rifiuta il vitto del Governo" e, cioè, il cibo fornito dall'amministrazione carceraria, per quel senso di distacco e di disprezzo generalizzato che la mafia nutre verso lo Stato.
Unica conseguenza della detenzione, qualora a patirla sia un capo famiglia, è che questi, per tutta la durata della carcerazione, viene sostituito dal suo vice in tutte le decisioni, dato che, per la sua situazione contingente, non può essere in possesso di tutti gli elementi necessari per valutare adeguatamente una determinata situazione e prendere, quindi, una decisione ponderata. Il capo, comunque, continuando a mantenere i suoi collegamenti col mondo esterno, è sempre in grado di far sapere al suo vice il proprio punto di vista, che però non è vincolante, e, cessata la detenzione, ha il diritto di pretendere che il suo vice gli renda conto delle decisioni adottate.
Durante la detenzione è buona norma, anche se non assoluta, che l'uomo d'onore raggiunto da gravi elementi di reità non simuli la pazzia nel tentativo di sfuggire ad una condanna: un siffatto atteggiamento è indicativo della incapacità di assumersi le proprie responsabilità.
Adesso, però, sembra che questa regola non sia più seguita, e, comunque, che non venga in qualche modo sanzionata, ove si consideri che sono numerosi gli esempi di detenuti sicuramente uomini d'onore, che hanno simulato la pazzia (vedi in questo procedimento gli esempi di Giorgio Aglieri, Gerlando Alberti, Tommaso Spadaro, Antonino Marchese, Gaspare Mutolo, Vincenzo Sinagra "Tempesta").
Tutto ciò, a parere di Buscetta, è un ulteriore sintomo della degenerazione degli antichi princìpi di Cosa Nostra.
Anche il modello di comportamento in carcere dell'uomo d'onore, descritto da Buscetta, è radicalmente mutato negli ultimi tempi.
Ricorda infatti Tommaso Buscetta che in carcere gli "uomini d'onore" dovevano accantonare ogni contrasto ed evitare atteggiamenti di aperta rivolta nei confronti dell'autorità carceraria. Al riguardo, cita il suo stesso esempio: si era trovato a convivere all'Ucciardone, per tre anni, con Giuseppe Sirchia, vice di Cavataio ed autore materiale dell'omicidio di Bernardo Diana, il quale era vice del suo grande amico, Stefano Bontate; ma, benché non nutrisse sentimenti di simpatia nei confronti del suo compagno di detenzione, lo aveva trattato senza animosità, invitandolo perfino al pranzo natalizio.
Questa norma, però, non è più rispettata, come si evince dal fatto che Pietro Marchese, uomo d'onore della famiglia di Ciaculli, è stato ucciso il 25.2.1982 proprio all'interno dell'Ucciardone, su mandato della "commissione", da altri detenuti.
Unica deroga al principio della indissolubilità del legame con Cosa Nostra è la espulsione dell'uomo d'onore, decretata dal "capo famiglia" o, nei casi più gravi, dalla "commissione" a seguito di gravi violazioni del codice di Cosa Nostra, e che non di rado prelude all'uccisione del reo. L'uomo d'onore espulso, nel lessico mafioso, è "posato".
Ma neanche l'espulsione fa cessare del tutto il vincolo di appartenenza all'organizzazione, in quanto produce soltanto un effetto sospensivo che può risolversi anche con la reintegrazione dell'uomo d'onore.
Pertanto l'espulso continua ad essere obbligato all'osservanza delle regole di Cosa Nostra. Lo stesso Buscetta, a causa delle sue movimentate vicende familiari, era stato "posato" dal suo capo famiglia Giuseppe Calò, il quale poi gli aveva detto di non tenere conto di quella sanzione ed anzi gli aveva proposto di passare alle sue dirette dipendenze. Anche Gaetano Badalamenti, nel 1978, benché fosse capo di Cosa Nostra, era stato espulso dalla "commissione", per motivi definiti gravissimi, su cui però Buscetta non ha saputo (o voluto) dire nulla.
L'uomo d'onore posato non può trattenere rapporti con altri membri di Cosa Nostra, i quali sono tenuti addirittura a non rivolgergli la parola. E proprio basandosi su questa regola, Buscetta si era mostrato piuttosto scettico sulla possibilità che il Badalamenti, benché "posato", fosse coinvolto nel traffico di stupefacenti con altri uomini d'onore; sennonché, venuto a conoscenza delle prove obiettive acquisite dall'ufficio, si è dovuto ricredere ed ha commentato che "veramente il danaro ha corrotto tutto e tutti".
Anche la vicenda della espulsione di Buscetta da parte di Calò appare nebulosa.
Il Buscetta, infatti, aveva avuto comunicata la sua espulsione addirittura da Gaetano Badalamenti e durante la detenzione non aveva ricevuto, come d'uso per i "posati", alcun aiuto finanziario da parte della sua "famiglia"; per contro il suo capo famiglia Pippo Calò lo aveva esortato a non tenere conto di quanto andava dicendo quel "tragediaturi" di Badalamenti e si era scusato per la mancanza di aiuto finanziario, assumendo che non era stato informato; aveva notato inoltre che in carcere gli altri uomini d'onore intrattenevano con lui normali rapporti, come se nulla fosse accaduto.
Altra regola fondamentale di Cosa Nostra è l'assoluto divieto per l'"uomo d'onore" di fare ricorso alla giustizia statuale. Unica eccezione, secondo il Buscetta, riguarda i furti di veicoli, che possono essere denunziati alla polizia giudiziaria per evitare che l'uomo d'onore, titolare del veicolo rubato, possa venire coinvolto in eventuali fatti illeciti commessi con l'uso dello stesso; naturalmente, può essere denunciato soltanto il fatto obiettivo del furto, ma non l'autore.
Del divieto di denunciare i furti, vi è in atti un riscontro persino umoristico riguardante il capo della "commissione", Michele Greco. Carla De Marie, titolare di una boutique a Saint Vincent, era solita fornire alla moglie di Michele Greco capi di abbigliamento che spediva a Palermo, tramite servizio ferroviario, regolarmente assicurati contro il furto. Una volta, il pacco era stato sottratto ad opera di ignoti durante il trasporto, e la De Maria aveva più volte richiesto telefonicamente alla signora Greco di denunciare il furto, essendo ciò indispensabile perché la compagnia assicuratrice rifondesse il danno. Ebbene, la moglie di Michele Greco, dopo di avere reiteratamente fatto presente alla De Marie che il marito non aveva tempo per recarsi alla polizia per presentare la denunzia, aveva preferito pagare i capi di abbigliamento, nonostante che non li avesse mai ricevuti.

venerdì 16 novembre 2007

LA MALA DEL BRENTA(Maniero e la Mafia in venetodi Lorenzo Frigerio fonte: La Mafia, 150 anni di storia e storie, La Repubblica) -

La presenza della criminalità mafiosa in Veneto fu ufficialmente ammessa soltanto nel corso dell'ultimo decennio. Fino ad allora si sostenne che la regione fosse tutt'al più affetta da fisiologici problemi di criminalità locale. Agli inizi degli anni Ottanta, la vertiginosa ascesa della "mala del Brenta" e la contemporanea scoperta dei traffici di armi e droga e delle operazioni di riciclaggio delle cosche furono le drammatiche realtà in cui si imbatterono improvvisamente le forze dell'ordine e l'opinione pubblica.

Anni Sessanta-Settanta: l'apprendistato criminale con la mafia siciliana
Così come è accaduto per Lombardia e Toscana, la diffusione del modello criminale mafioso fu dovuto essenzialmente alla presenza, anche se non particolarmente nutrita rispetto ad altre regioni, dei membri delle cosche, in esecuzione di un provvedimento di soggiorno obbligato. La maggior parte dei mafiosi che soggiornarono in Veneto proveniva dalle fila di Cosa Nostra: tra i nomi più noti, Salvatore Contorno, Gaetano Fidanzati, Antonino Duca e Gaetano Badalamenti. Cresciuti alla scuola criminale dei siciliani nel periodo a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, i malavitosi veneti, nei due decenni successivi, s'imposero autonomamente e si distinsero per la ferocia e l'abilità nel controllare i traffici criminali transitanti nella regione.
Sempre negli stessi anni, fu convogliata verso il Veneto un'ingente quantità di denaro sporco, proveniente dai numerosi traffici illegali delle mafie e destinato a costruire ed alimentare un sofisticato circuito di riciclaggio, che s'innestò in modo parassitario sul sistema economico legale di una regione tra le più produttive e all'avanguardia dell'intero paese.

Anni Ottanta: esordio con rapine e sequestri per Maniero
Il più clamoroso esempio della capacità di assimilare il modello mafioso e di calarlo nella realtà veneta fu costituito dalla cosiddetta "mala" o "mafia del Brenta". Rapine, sequestri di persona, traffici di droga ed armi, estorsioni: furono queste le principali attività dell'organizzazione guidata dal veneziano Felice Maniero e con basi logistiche nella Riviera del Brenta, tra Venezia e Padova.
Nei primi anni di attività, gli uomini di Maniero misero a segno gli spettacolari colpi all'Hotel "Des Bains" al Lido di Venezia (1982) e alla stazione ferroviaria di Mestre (1982) e furono i protagonisti del celebre assalto all' aeroporto di Venezia (1983): i 170 chili di oro rubato presso il caveau della dogana aeroportuale sancirono, infatti, la definitiva consacrazione della banda veneta nel panorama criminale. La mala del Brenta dimostrò la sua potenza, portando a termine contemporaneamente i sequestri Rosso Monti, Andreatta e Bonzado.
La terribile fama guadagnata sul campo dal sodalizio criminale veneto si alimentò ulteriormente negli anni successivi: sfruttando abilmente una serie di accordi stipulati con le cosche mafiose per la gestione dei proventi criminali nel nord est, oltre alle rapine, gli uomini di Maniero si dedicarono con profitto al traffico di droga, al controllo del gioco d'azzardo clandestino e al rafforzamento delle pratiche dell'estorsione e dell'usura.

Anni Ottanta-Novanta: la Mala del Brenta, una organizzazione mafiosa
In diverse circostanze, la mala del Brenta diede prova di sapere esercitare un efficace controllo del territorio, imponendo la propria legge. Nel periodo di massima potenza, l'organizzazione, composta inizialmente da una quarantina di elementi, arrivò a contarne quasi quattrocento, tra effettivi e fiancheggiatori a vario titolo. I successi criminali della mafia del Brenta furono possibili grazie alla riuscita integrazione al proprio interno di elementi locali e di esponenti delle tradizionali cosche e grazie anche all'adozione di un modello organizzativo e comportamentale tipicamente mafioso, compresa l'eliminazione di testimoni scomodi e di membri della banda divenuti inaffidabili. Nonostante i numerosi arresti, compreso quello dello stesso Maniero, e una feroce faida interna per la supremazia, scoppiata durante la sua carcerazione, gli affari per la mala del Brenta non subirono flessioni. Dalle carceri di massima sicurezza e dai suoi nascondigli di latitante, "Faccia d'Angelo" continuò a dirigere le operazioni e le attività dei suoi uomini. Sul finire degli anni Ottanta, alle molte attività della banda si aggiunse anche il contrabbando di armi con la ex Iugoslavia, grazie al rapporto di amicizia stretto tra Maniero e il figlio di Franjo Tudjman, destinato poi a diventare il presidente della repubblica croata.

Durante il processo, che si aprì il 27 novembre 1993 nell'aula bunker di Mestre e che vide alla sbarra Maniero insieme ad altri 109 imputati, fu ricostruito l'intero percorso criminale della mala del Brenta e furono circostanziate accuse pesantissime: dagli omicidi alle rapine, dalle estorsioni e l'usura al riciclaggio, dal traffico di eroina ai sequestri di persona, per finire con l'accusa più grave, e per certi versi esaustiva, di associazione mafiosa.
Le condanne nei confronti dei membri della mafia del Brenta furono esemplari e l'organizzazione fu spazzata via, grazie soprattutto alle rivelazioni di Maniero che fece arrestare più di trecento persone.

Anni Ottanta - Novanta: Verona, la "Bangkok italiana"
Dagli inizi degli anni Ottanta oggetto di attenzioni criminali mafiose, nel giro di una quindicina di anni, Verona diventò un punto di snodo dei traffici di droga così cruciale da conquistarsi il triste soprannome di "Bangkok d'Italia". A rendere la città scaligera una piazza strategica per il circuito del narcotraffico europeo contribuì in primo luogo la sua posizione geografica nevralgica, perché centrale lungo le rotte dell'est, del Mediterraneo e del nord Europa; in secondo luogo furono rilevanti gli accordi stipulati tra le mafie italiane e le associazioni criminali mediorientali, su tutte la mafia turca, per il passaggio attraverso gli stessi canali, oltre che della droga, anche di armi leggere e pesanti, di componenti per la fabbricazione di ordigni nucleari e di segreti dell'industria bellica.
All'interno di questo patto trovarono spazio numerosi soggetti, in gran numero incensurati e insospettabili, che, singoli o associati con altri criminali, si dedicarono allo spaccio al minuto dell'eroina turca, dell'hascisc e della cocaina colombiana che le organizzazioni siciliane, campane e calabresi fornivano loro, disinteressandosi completamente delle modalità di organizzazione del traffico e ritagliandosi invece ampi margini di utili.
Questo scenario davvero inquietante venne alla luce quando, dopo molti mesi di minuziose indagini, in data 14 giugno 1994, scattò a Verona, e contemporaneamente negli altri capoluoghi veneti e in tutta Italia, una vasta operazione delle forze dell'ordine che portò all'esecuzione di 183 mandati di cattura, di cui 66 in carcere. L'operazione "Arena", che scompaginò le fila di questa rete di narcotrafficanti, fu possibile grazie allo sviluppo delle intuizioni investigative che furono alla base della famosa indagine avviata un decennio prima da Carlo Palermo, giudice istruttore di Trento, il quale, nello svelare i meccanismi e i retroscena degli scambi tra droga ed armi, individuò Verona tra le città coinvolte nel traffico.

giovedì 8 novembre 2007

Cosa Nostra in ENGLISH(by wikipedia)

American Cosa Nostra

The Italian Mafia continues to dominate organized crime in the U.S. It uses this status to maintain control over much of both Chicago's and New York City's organized criminal activity, as well as criminal activity in other cities in the Northeast and across the country, such as Philadelphia, Las Vegas, New Orleans, and many others. The Mafia and its reputation have become entrenched in American popular culture, being portrayed in movies, TV shows, commercial advertising and video games.

The American Mafia, specifically the Five Families of New York, has its roots in the Sicilian Mafia, but has been a separate organization in the United States for many years. Today, American Cosa Nostra cooperates in various criminal activities with the different Italian organized crime groups, such as Camorra, which are headquartered in Italy. It is wrongly known as the "original Mafia", although it was neither the oldest criminal organization, nor the first to act in the U.S. In 1986, according to government reports, it was estimated that there are 1,700 members of "Cosa Nostra" and thousands of associate members. Reports also are said to include the Italian-American Mafia as the largest organized crime group in the United States and continues to hold dominance over the National Crime Syndicate, despite the increasing numbers of street gangs and other organizations of neither Italian nor Sicilian ethnicity. American Cosa Nostra is most active in the New York metropolitan area, Philadelphia, New England (see the Patriarca crime family), Detroit (see the Detroit Outfit, and Chicago (see the Chicago Outfit), but there are actually a total of 26 Cosa Nostra family cities around the United States[1].


History


Mafia groups in the United States first became influential in the New York City area, gradually progressing from small neighborhood operations in poor Italian ghettos to citywide and eventually international organizations. The American Mafia started with the La Mano Nera, "The Black Hand", extorting Italians (and other immigrants) around New York city. Black Hand gangsters would threaten them by mail if their extortion demands were not met. The threats were sometimes marked with a hand-print in black ink at the bottom of the page. As more Sicilian gangsters immigrated to the U.S., they expanded their criminal activities from extortion to loan-sharking, prostitution, drugs and alcohol, robbery, kidnapping, and murder.
Giuseppe Esposito was the first known Sicilian Mafia member to emigrate to the United States. He and six other Sicilians fled to New York after murdering eleven wealthy landowners as well as the chancellor and a vice chancellor of a Sicilian province. He was arrested in New Orleans in 1881 and extradited to Italy.

New Orleans was also the site of the first Mafia incident in the United States that received both national and international attention. On October 15, 1890, New Orleans Police Superintendent David Hennessey was murdered execution-style. Hundreds of Sicilians were arrested, and nineteen were eventually indicted for the murder. An acquittal followed, with rumors of bribed and intimidated witnesses. The outraged citizens of New Orleans organized a lynch mob and proceeded to kill eleven of the nineteen defendants. Two were hanged, nine were shot, and the remaining eight escaped[2].
In the 1910s and 1920s in New York City, the Sicilian Mafia developed into the Five Points Gang.

The rising: the Prohibition

Charles "Lucky" Luciano, one of the most famous American bosses
Mafia activities were restricted until 1920, when they exploded because of the introduction of the prohibition. Al Capone's Syndicate in the 1920s ruled Chicago.
By the end of the 1920s, two factions of organized crime had emerged, causing the Castellamarese war for control of organized crime in New York City. With the murder of Joseph Masseria, the leader of one of the factions, the war ended uniting the two sides back into one organization now dubbed Cosa Nostra. Salvatore Maranzano, the first leader of American Mafia, was himself murdered within six months and Charles "Lucky" Luciano became the new leader. Maranzano had established the code of conduct for the organization, set up the "family" divisions and structure, and established procedures for resolving disputes. Luciano set up the "Commission" to rule their activities. The Commission included bosses from six or seven families.

After-war
In 1951, a U.S. Senate Committee, led by Democratic Tennessee Senator Estes Kefauver, determined that a "sinister criminal organization", with ties to the USSR, also known as the Mafia operated around the United States.
In 1957, the New York State Police uncovered a meeting of major American Cosa Nostra figures from around the country in the small upstate New York town of Apalachin. This gathering has become known as the Apalachin Conference. Many of the attendees were arrested and this event was the catalyst that changed the way law enforcement battles organized crime.
In 1963, Joseph Valachi became the first American Cosa Nostra member to provide a detailed look at the inside of the organization. Having been recruited by FBI Special Agents, and testifying before the US Senate McClellan Committee, Valachi exposed the name, structure, power bases, codes, swearing-in ceremony, and members of this organization. All of this had been secret up to this point.

Today Cosa Nostra is involved in a broad spectrum of illegal activities. These include murder, extortion, drug trafficking, corruption of public officials, gambling, infiltration of legitimate businesses, labor racketeering, loan sharking, prostitution, pornography, tax fraud schemes, and most notably today, stock manipulation schemes.

Union corruption

Jimmy Hoffa
In the mid-20th century, the Mafia was reputed to have infiltrated many labor unions in the United States, notably the Teamsters, whose president Jimmy Hoffa disappeared and is widely rumored to have been killed by Matteo Bari, enforcer for the Mafia. In the 1980s, the United States federal government made a determined effort to remove Mafia influence from labor unions.

Structure
The Mafia had eventually expanded to twenty-six crime families nationwide in the major cities of the United States, with the center of organized crime based in New York. After many turf wars, the Five Families ended up dominating New York, named after prominent early members: the Bonanno family, the Colombo family, the Gambino family, the Genovese family, and the Lucchese family. These families held underground conferences with other mafia notables like Joe Porrello from Cleveland, and other gang leaders, such as Al Capone.
Boss—The head of the family, usually reigning as a dictator, sometimes called the don or "godfather". The Boss receives a cut of every operation taken on by every member of his family. Depending on the Family, the Boss may be chosen by a vote from the Caporegimes of the family. In the event of a tie, the Underboss must vote. In the past, all the members of a Family voted on the Boss, but by the late 1950s, any gathering such as that attracted too much attention.

Underboss—The Underboss, usually appointed by the Boss, is the second in command of the family. The Underboss is in charge of all of the Capos, who are controlled by the Boss. The Underboss is usually first in line to become Acting Boss if the Boss is imprisoned or dies.

Consigliere—The Consigliere is an advisor to the family. They are often low profile gangsters that can be trusted. They are used as a mediator of disputes or representatives or aides in meetings with other Families. They often keep the Family looking as legitimate as possible, and are, themselves, legitimate apart from some minor gambling or loan sharking. Often Consiglieres are lawyers or stock brokers, are trusted and have a close friendship or relationship with the Don. They usually do not have crews of their own, but still wield great power in the Family. They are also often the liaison between the Don and important 'bought' figures, such as politicians or Judges.

Caporegime (or Capo)—A Capo (sometimes called a Captain) is in charge of a crew. There are usually four to six crews in each family, possibly even seven to nine crews, each one consisting of up to ten Soldiers. Capos run their own small family, but must follow the limitations and guidelines created by the Boss, as well as pay him his cut of their profits. Capos are nominated by the Underboss, but typically chosen by the Boss himself.

Soldier—Soldiers are members of the family, and can only be of Italian background. Soldiers start as Associates that have proven themselves. When the books are open, meaning that there is an open spot in the family, a Capo (or several Capos) may recommend an up-and-coming Associate to be a new member. In the case that there is only one slot and multiple recommendations, the Boss will decide. The new member usually becomes part of the Capo's crew that recommended him. Sometimes a soldier will be called a button man, because, in theory, when a capo presses a button, someone dies. They are also called made men, who have made their bones, by committing a murder in front of Mafia witnesses. This ensures the soldier's reliability: he will never testify against a man who could testify against him. Being made is the beginning but not the end of a Mafia career. (The definitions of made man and making one's bones are inferred: Most books on the Mafia—fiction or nonfiction—assume these terms but never define them.)

Associate—An Associate is not a member of the mob, and an Associate's role is more similar to that of an errand boy. They are usually a go-between or sometimes deal in drugs to keep the heat off the actual members. In other cases, an associate might be a corrupt labor union delegate or businessman.[24] Non-Italians will never go any further than this. However, occasionally an associate will become powerful within his own family, for example Joe Watts, a close associate of John Gotti.


The American Mafia's organizational structure and system of control were created by Salvatore Maranzano (who became the first "capo di tutti capi" in the US, though he was killed after holding the position for only six months, by Lucky Luciano).
Most recently there have been two new positions in the family leadership: the family messenger and Street Boss. These positions were created by former Genovese leader Vincent Gigante.
Each faction was headed by a caporegime, who reported to the boss. When the boss made a decision, he never issued orders directly to the soldiers who would carry it out, but instead passed instructions down through the chain of command. In this way, the higher levels of the organization were effectively insulated from incrimination if a lower level member should be captured by law enforcement. This structure is depicted in Mario Puzo's famous novel The Godfather. In The Godfather: Part II, These links are called "buffers": they provide what the intelligence community calls plausible deniability.

Rituals
The initiation ritual emerged from various sources, such as Catholic confraternities and Masonic Lodges in mid-nineteenth century Sicily[25] and has hardly changed to this day. The Chief of Police of Palermo in 1875 reported that the man of honor to be initiated would be led into the presence of a group of bosses and underbosses. One of these men would prick the initiate's arm or hand and tell him to smear the blood onto a sacred image, usually a saint. The oath of loyalty would be taken as the image was burned and scattered, thus symbolising the annihilation of traitors. This was confirmed by the first pentito, Tommaso Buscetta.
A hit, or assassination, of a "made" man had to be preapproved by the leadership of his family, or retaliatory hits would be made, possibly inciting a war. In a state of war, families would go to the mattresses — rent vacant apartments and have a number of soldiers sleeping on mattresses on the floor in shifts, with the others ready at the windows to fire at members of rival families.


There are many symbolic deeds done during certain gangland executions that are requested by the don. For allowing Joseph Pistone into the Bonanno crime family caporegime Dominick Napolitano had his hands severed. Later during the attempted murder of Joseph Ianuzzi this is what Tommy Agro attempted to do.
As in the murder of Lucchese crime family soldier Bruno Facciola, a dead canary was stuffed inside his mouth after he was shot to death.
A mobster who was thought to be skimming from gambling profits was shot dead and found with a twenty-dollar bill shoved into his rectum.
Frank Abbandando Jr. gave a powerful capo in the Colombo crime family the middle finger and although his life was spared, his middle fingers were severed by a dull knife and sent to him preserved in vinegar.

I 10 COMANDAMENTI DEL MAFIOSO

foglio dattiloscritto trovato nel covo del boss Salvatore lo Piccolo intitolato «diritti e doveri»
I dieci comandamenti del mafioso
Le regole di appartenenza mostrano una grande attenzione ai valori morali e sessuali

PALERMO - L'elenco delle dieci regole di appartenza alla mafia, scoperto nel covo del boss Lo Piccolo arrestato lunedì:

1 - «Non ci si può presentare da soli a un altro amico nostro, se non è un terzo a farlo»

2 - «Non si guardano mogli di amici nostri»

3 - «Non si fanno comparati (amicizia ndr) con gli sbirri»

4 - «Non si frequentano né taverne né circoli»

5 - «Si ha il dovere in qualsiasi momento di essere disponibile a Cosa nostra. Anche se c'è la moglie che sta per partorire»

6 - «Si rispettano in maniera categorica gli appuntamenti»

7 - «Si ci deve portare rispetto alla moglie»

8 - «Quando si è chiamati a sapere qualcosa si dovrà dire la verità»

9 - «Non ci si può appropriare di soldi che sono di altri e di altre famiglie»

10 - «Niente affiliazione per chi ha un parente stretto nelle varie forze dell'ordine, oppure chi ha tradimenti sentimentali in famiglia, o chi ha un comportamento pessimo e che non tiene ai valori morali»

MAPPA TERRITORI SOTTO CONTROLLO MAFIOSO A PALERMO

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FILM SULLA MAFIA/MOVIE OF MAFIA
Scarface - Lo sfregiato (1932) regia di Howard Hawks
In nome della legge (1949) regia di Pietro Germi
Il magistrato (1959) regia di Luigi Zampa
Il caso Pisciotta (1961) regia di E. Visconti
L'onorata società (1961) regia di Riccardo Pazzaglia
Salvatore Giuliano (1961) regia di Francesco Rosi
Mafioso (1962) regia di Alberto Lattuada
Le mani sulla città (1963) regia di Francesco Rosi
I due mafiosi (1964) regia di Giorgio Simonelli
A ciascuno il suo (1966) regia di Elio Petri
Il giorno della civetta (1967) regia di Damiano Damiani
Il sasso in bocca (1970) regia di Giuseppe Ferrara
Il Padrino (1972) regia di Francis Ford Coppola
Il caso Mattei (1972) regia di Francesco Rosi
Joe Valachi - I segreti di Cosa Nostra ( (1972)) regia di Terence Young
Camorra (1972) regia di Pasquale Squitieri
Lucky Luciano (1973) regia di Francesco Rosi
Il boss (1973) regia di Fernando Di Leo
Il Padrino parte II (1974) regia di Francis Ford Coppola
Yakuza (1975) regia di Sydney Pollack
Assassinio di un allibratore cinese (1976) regia di John Cassavetes
Il prefetto di ferro (1977) regia di Pasquale Squitieri
Corleone (1978) regia di Pasquale Squitieri
Mi manda Picone (1983) regia di Nanni Loy
Scarface (1983) regia di Brian De Palma
C'era una volta in America (1984) regia di Sergio Leone
Cento giorni a Palermo (1984) regia di Giuseppe Ferrara e Giuseppe Tornatore
Pizza Connection (1985) regia di Damiano Damiani
L'onore dei Prizzi (1985) regia di John Huston
Il pentito (1985) regia di Pasquale Squitieri
Il camorrista (1986) regia di Giuseppe Tornatore
Gli Intoccabili (1987) regia di Brian De Palma
Il Siciliano (1987) regia di Michael Cimino
La posta in gioco (1988) regia di Sergio Nasca
Black Rain - Pioggia sporca (1989) regia di Ridley Scott
Mery per sempre (1989) regia di Marco Risi
Il Padrino parte III (1990) regia di Francis Ford Coppola
King of New York (1990) regia di Abel Ferrara
Dimenticare Palermo (1990) regia di Francesco Rosi
Goodfellas - Quei bravi ragazzi (1990) regia di Martin Scorsese
Johnny Stecchino (1991) regia di Roberto Benigni
Narcos (1992) regia di Giuseppe Ferrara
La donna contro il racket dell'estorsione (1992) regia di Minbo No Onna
La scorta (1993) regia di Ricky Tognazzi
Giovanni Falcone (1993) regia di Giuseppe Ferrara
Carlito's Way (1993) regia di Brian De Palma
Il giudice ragazzino (1993) regia di Alessandro di Robilant
Il lungo silenzio (1993) regia di Margarethe Von Trotta
Un eroe borghese (1995) regia di Michele Placido
Paolo Borsellino (1995) di Pasquale Scimeca
Casino (1995) regia di Martin Scorsese
Palermo Milano solo andata (1996) regia di Claudio Fragasso
Vite strozzate (1996) regia di Ricky Tognazzi
Lo zio di Brooklyn (1996) regia di Daniele Ciprì e Franco Maresco
Tano da morire (1997) regia di Roberta Torre
Testimone a rischio (1997) regia di Pasquale Pozzessere
Donnie Brasco (1997) regia di Mike Newell
Teatro di guerra (1998) regia di Mario Martone
Ultimo (1998) regia di Stefano Reali
Ultimo la sfida (1999) regia di Michele Soavi
Lansky (1999) regia di John McNaughton
Terapia e pallottole (1999) regia di Harold Ramis
Brother (2000) regia di Takeshi Kitano
Placido Rizzotto (2000) regia di Pasquale Scimeca
I cento passi (2000) regia di Marco Tullio Giordana
Luna Rossa (2001) regia di Antonio Capuano
L'attentatuni (2001) regia di Claudio Bonivento
Angela (2002) regia di Roberta Torre
Era mio padre (2002) regia di Sam Mendes
Un boss sotto stress (2002) regia di Harold Ramis
Gli angeli di Borsellino (2003) regia di Rocco Cesareo
E io ti seguo (2003) regia di Maurizio Fiume
Segreti di stato (2003) regia di Paolo Benvenuti
Io non ho paura (2003) regia di Gabriele Salvatores
Ultimo l'infiltrato (2004) regia di Michele Soavi
Certi bambini (2004) regia di Andrea Frazzi e Antonio Frazzi
Alla luce del sole (2005) regia di Roberto Faenza
La mafia è bianca (2005) regia di Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini
In un altro paese (2006) regia di Marco Turco
Il fantasma di Corleone (2006) regia di Marco Amenta
Romanzo criminale (2006) regia di Michele Placido
Prova ad incastrarmi (2006) regia di Sidney Lumet
The Departed (2007) regia di Martin Scorsese
L'ultimo dei corleonesi (2007) regia di Alberto Negrin
Scacco al re (2007) regia di Claudio Canepari e Piergiorgio Di Cara
Vedi Napoli e poi muori (2007) regia di Enrico Caria
Il Capo dei Capi (2007) regia di Enzo Monteleone
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LE PRINCIPALI ORGANIZZAZIONI CRIMINALI NEL MONDO

ORGANIZZAZIONI IN ITALIA:

  • Cosa Nostra-Sicilia
  • Camorra-Campania
  • 'Ndrangheta-Calabria
  • Sacra Corona Unita-Puglia
  • Stidda-Sicilia

ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI:

  • Cosa Nostra Americana-Usa
  • Organizatsya-Russia
  • Yakuza-Giappone
  • Triade-Cina
  • Narcos-Colombia
  • Mafia Turca,Nigeriana,Albanese,Messicana,Bulgara

STREET GANG:

  • MS13
  • Blood
  • Crips
  • Latin kings

Queste sono le principali organizzazioni criminali, col passare del tempo oguna di esse avrà una sua sezione completa, e ricca di aggiornamenti e news.